Quiete, Cgil all’attacco: “Fermare la privatizzazione silente”

No al
trasferimento di un intero reparto della Rsa dalla gestione diretta della
Quiete alla Fondazione Morpurgo-Hoffmann. A esprimere la propria contrarietà  al
progetto, annunciato dai vertici della Quiete per ottobre, sono le segreterie
provinciali della Cgil e del suo sindacato di categoria, la Funzione pubblica,
in una lettera aperta indirizzata ai vertici della Asp di via Sant’Agostino.
Il trasferimento
annunciato dai vertici della Quiete, secondo la Cgil, sarebbe infatti un
ulteriore passo verso la privatizzazione della più grande struttura residenziale
per anziani del territorio udinese, strategia portata avanti ““ sostengono i
firmatari della lettera, il segretario generale Natalino Giacomini per la Cgil,
con Giancarlo Valent, Maria Carlonano e Andrea Traunero per la Fp ““ «un passo
alla volta, in maniera da tenere “in ombra” la scelta fatta», invece che
«discutere in chiaro con utenti, familiari, Comune e con il personale, che è il
vero cuore e motore del servizio».
La
privatizzazione «silente», denuncia la Cgil, si concretizza attraverso la progressiva
riduzione del personale pubblico in forza all’Asp. «Mano a mano che i
dipendenti pubblici della Quiete vanno in pensione o scelgono altre strade
lavorative ““ si legge nella lettera aperta ““ non vengono sostituiti o vengono sostituiti
con il contagocce. Così, periodicamente, la Quiete può dire che il reparto non
è più gestibile per carenza di personale, per poi farlo passare dal pubblico
(Quiete) alla gestione privata della Fondazione Morpurgo Hofmann». Fondazione
che ormai gestisce, rimarcano Giacomini e i rappresentanti della Fp, la maggior
parte dei servizi della Quiete: «Un reparto oggi, un reparto domani ““ denuncia
la Cgil ““ si è già  passati dal servizio pubblico per tutti gli utenti al servizio
pubblico solo per una minoranza degli ospiti. In questo modo la Quiete specula
sulle paghe del personale, dato che al personale privato si applica il contratto
Uneba, economicamente inferiore a quello della sanità  pubblica, e gli addetti hanno
trattamenti diversi a parità  di funzioni». Tutto questo con meno vincoli anche
nella selezione del personale, dal momento che «una struttura privata può
potenzialmente assumere anche lavoratori senza la qualifica e senza selezioni
pubbliche».
Da qui,
ribadendo la contrarietà  a scelte «che mettono in crisi il servizio pubblico, spremono
il personale oltre i limiti a causa di gravi e diffuse carenze di organico e
diminuiscono gli stipendi ai lavoratori», l’appello finale che la Cgil rivolge
ai vertici della Quiete, chiedendo di «continuare a dare ai nostri anziani un
servizio pubblico di qualità , senza snaturare la funzione dell’istituto con
scelte che sono figlie solo di calcoli ragionieristici tipici del privato, che
deve produrre utili per gli azionisti».